GIORDANO BRUNO

 

GIORDANO BRUNO

Nasce a Nola (Napoli) nel 1548 da una nobile famiglia campana. Da subito il ragazzo si appassionò allo studio della filosofia e della teologia. Aveva una mente brillante e diventò un grande esperto nell’arte mnemonica. nel 1576 decide di abbandonare l’ordine e si trasferisce a Roma, poi a Nola, Savona, Torino, Padova fino ad approdare a Ginevra. Gli anni della maturità sono segnati da continui viaggi e fughe: sono gli anni della Controriforma, e le idee di Giordano non seguono quelle della chiesa e quindi dell’imperante.

Dopo i suoi viaggi dove insegnava, ritorna a Parigi pensando di essere al sicuro. Invece entra in conflitto con gli ambienti aristotelici da lui tanto denigrati.

Nel 1593 Giordano viene trasferito all’Inquisizione di Roma che, con scarsi tentativi, prova a convincerlo a ritrattare le sue idee “eretiche”. Dopo 7 anni di carcere Giordano viene condannato al rogo davanti ad una folla.



LE SUE OPERE:

Tra le sue opere più importanti ricordiamo i dialoghi italiani (La cena delle ceneri, De l’infinito, universo e mondi e Degli eroici furori) e i poemi latini.

Le opere di Giordano Bruno, hanno come interesse primario la natura. Quest’ultima è osservata in modo diverso rispetto a molti contemporanei. Secondo Giordano Bruno la natura assumeva in lui la forma dell’esaltazione, dell’amore e del possesso di ogni suo segreto.

Questo amore per la natura lo induceva ad abbracciare integralmente la vita a tal punto di definirla una “prigione angusta e nera”.

Lo stesso amore per la natura e per la vita lo conducono a nutrire un disprezzo per la religione cristiana, intesa come un insieme di false credenze contrarie alla ragione, che inducono all’ignoranza e minano la libertà degli uomini. Bisognava, secondo il filosofo, tornare a quella religiosità antica.

La natura di cui parla non è altro che Dio e secondo Giordano Dio è:

  • Mens super omnia (mente al di sopra di tutto): trascendente e inconoscibile può solo rimanere oggetto di fede.
  • Mens insita omnibus (mente insita in tutte le cose): “anima del mondo” che plasma dall’interno tutto ciò che esiste.

In questa seconda accezione Dio è identificato con la natura nella sua totalità e infinità, di cui gli uomini e tutto ciò che esiste non sono altro che singole componenti collegate le una alle altre. Solamente in questo senso l’uomo (che è parte del tutto), attraverso la sua ragione, può conoscere Dio. Prima di spiegare come si configura per l’uomo questa conoscenza, sarà meglio approfondire la concezione bruniana dell’infinità della natura.



L’universo di Bruno, al contrario di quello che pensavano gli aristotelici o le menti illuminate è infinito. Prese spunto dal ragionamento di Copernico: se la Terra ruota attorno al Sole, le stelle che si osservano in cielo non potrebbero essere tanti soli al centro di altri mondi?

L’universo di Bruno assumeva le sembianze rivoluzionarie ed era infatti:

  • -“aperto”
  • popolato da infiniti mondi e infinite creature
  •  senza un centro e uguale in ogni sua parte


Bruno toglie, dunque, l’uomo e la Terra dal centro, non conferendo loro un posto speciale nel mondo, così come era esplicitamente propugnato dalla Chiesa.

La conoscenza filosofica della natura, l’immedesimazione dell’uomo con l’infinito, la scoperta di questa unione, si traducono anche nell’impulso che spinge l’uomo ad emulare Dio, a creare. Bruno esalta l’attività, la laboriosità, rifiutando l’atteggiamento medievale. Afferma, in oltre, che l’intelligenza distingue l’uomo da qualsiasi altro animale.



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